Xylella, 29 motivi per dire no all’abbattimento delle piante di olivo In evidenza

Martedì, 23 Giugno 2015 07:20

ulivi del Salento

di Pietro Perrino pubblicato su ILFoglietto del 23 giugno 2015

Il problema della patologia denominata “Complesso del Disseccamento Rapido dell’Olivo” (CoDiRO) non deve essere risolto con l’abbattimento delle piante, ma con il ripristino di un’agricoltura sostenibile e/o a basso impatto ambientale, per i seguenti motivi.

 

1.Ad aggi, nessuno ha ancora dimostrato in modo inequivocabile che la causa della patologia denominata “Complesso del Disseccamento Rapido dell’Olivo” (CoDiRO) sia il batterio Xylella fastidiosa sottospecie pauca, ceppo CoDiRO (1, 23, 37). L’enfasi posta sul batterio non trova ancora riscontri e/o certezze nella scienza (come dimostrano svariate pubblicazioni), e nell’opinione degli olivicoltori salentini, che, com’è noto, non credendo, a ragione o a torto, all’attività pestifera della Xylella, si oppongono al Piano anti-Xylella.

2.Alcuni patologi dell’Università di Firenze e Dirigenti del Servizio Fitosanitario della Toscana, nonché di Bari, su materiali di olivo del Salento che presentavano sintomi di CoDiRO hanno rilevato, nel legno, la presenza dell’insetto Zeuzera pyrina e di alcuni funghi tracheomicotici, come Phaeoacremonium parasiticum, P. rubrigenum, P. aleophilum, P. alvesii, Phaemoniella spp., oltre alla presenza, ma saltuaria, di DNA di Xylella fastidiosa (1, 38, 39), trovata anche, ma non sistematicamente, in altre specie di piante (37).

3.Alcuni ricercatori di Foggia, analizzando campioni prelevati da diverse piante di olivo interessate da patologie identiche o simili a CoDiRO, in Puglia, hanno evidenziato che il batterio Xylella incriminato è presente solo nella provincia di Lecce, mentre in altre aree geografiche, come Cerignola, Foggia, Canosa di Puglia e Andria, i patogeni associati alla patologia appartengono a numerose specie di funghi: Phaeoacremonium aleophilum, Phaeoacremonium alvesii, Phaeoacremonium parasiticum, Phaeoacremonium italicum, Phaeoacremonium sicilianum, Phaeoacremonium scolyti, Neofusicoccum parvum,  Pleurostomophora richardsiae (2, 3, 4). In particolare, le specie più associate alla malattia sono: Phaeoacremonium aleophilum, Neofusicoccum parvum,  Pleurostomophora richardsiae (3, 4). Ciò invita a riflettere e a ritenere che il batterio potrebbe non essere, per lo meno da solo, il patogeno responsabile del CoDiRO.

4.La Xylella fastidiosa infetta diverse specie di piante coltivate economicamente importanti, come la vite, il mandorlo, il pero, il pesco, il caffè, gli agrumi e diverse specie di piante ornamentali, come l’oleandro, diverse specie di Prunus, nonché diverse specie forestali, come Platanus, Morus, Acer, Ulmus e Quercus. Vero è che spesso in molte di queste specie di piante il batterio non causa malattie visibili, cioè sintomatiche (3, 8). Ciò induce a confermare l’ipotesi che la Xylella potrebbe non essere, almeno da sola, la causa del CoDiRO.

5.La letteratura scientifica mostra che la patogenicità del batterio incriminato, almeno sull’olivo, anche quando presente è ancora incerta (3, 4, 5, 6). C’è bisogno di un periodo di valutazione molto più lungo per confermare o smentire la patogenicità della Xylella sull’olivo (3, 6, 32).

6.Nemmeno le relazioni di alcuni ricercatori di Bari e Foggia sono sufficienti a giustificare le attività previste dal Piano anti-Xylella (40, 41). Come non lo è la relazione di uno studioso dell’Università della California, Berkeley, USA, che spiega come una nuova minaccia si trasformi in un vecchio problema (42). Queste relazioni avrebbero il torto di non conoscere l’importanza dell’ecosistema. Ignorerebbero, cioè, il fatto che la virulenza dei patogeni è la conseguenza, e non la causa, della malattia delle piante d’olivo, diventate vulnerabili a causa della perdita di biodiversità, causata da un’agricoltura industriale (30, 31, 36).

7.Ci sono ancora molte questioni aperte: perché il batterio è presente solo o prevalentemente in piante d’olivo secolari? Perché il batterio si sarebbe diffuso così rapidamente su una grande superficie (circa 8.000 ha)? Si può ipotizzare che il batterio fosse già presente in forma non sintomatica? Questi ed altri interrogativi suggeriscono che per verificare un eventuale ruolo della Xylella gli studi dovrebbero essere estesi ad altre aree. Il fine dovrebbe essere quello di stabilire, in modo inequivocabile, quali siano i potenziali patogeni del CoDiRO (3, 7), ma, cosa ancora più importante, quali siano le condizioni ambientali (incluse quelle determinate dalle agrotecniche) che permettono ai patogeni di diventare più virulenti.

8.Fino al 2010, patologie causate dalla Xylella erano state riscontrate solo nel Nord e Sud America (specialmente in Brasile). In Europa c’era solo una presenza rilevata nel 1998 nel Kosovo, tra l’altro non confermata (8). Tuttavia, alcuni esperti ritengono che non si possa escludere che il batterio sia stato sempre presente su bassa scala, ma non rilevato perché i sintomi non sono familiari e forse anche per l’assenza di vettori efficienti (8). Del resto, non si può escludere che il batterio e i vettori possano essere stati introdotti in Europa incidentalmente con l’importazione di germoplasma infetto e siano sfuggiti all’osservazione degli organi preposti. Alla luce di ciò, si possono suggerire maggiori controlli sulle importazioni di germoplasma (materiali di propagazione), potenzialmente ospiti di Xylella, ma non si può consigliare l’estirpazione delle piante d’olivo, infette e non infette, per bloccare la diffusione della Xylella, la cui patogenicità, come detto, è ancora molto discutibile e richiede una valutazione del rischio reale (3, 8).

9.La trasmissione del batterio da un ospite all’altro è, per lo più, ancora sconosciuta (8). Sulla base delle conoscenze disponibili, si assume che la principale trasmissione del batterio in piante di minore importanza economica e/o piante spontanee avvenga attraverso insetti vettori che si nutrono di diverse specie di piante. Siccome, a livello globale, ci sono migliaia di specie di insetti vettori, lo studio della loro capacità ed efficacia nella trasmissione del batterio è determinante nella valutazione del rischio in Puglia. Ma, è bene ripeterlo, ad oggi la ricerca non ha dimostrato che la Xylella sia la causa del CoDiRO.

10.Studi recentissimi di valutazione sull’olivo come possibile ospite della Xylella, in California, indicano che il batterio non causa i sintomi della malattia (bruciatura delle foglie e disseccamento dei rami), ma può contribuire alla epidemiologia della malattia causata dal batterio.  Insomma, l’olivo può servire da ospite alternativo, anche se non ottimale, della Xylella ed essere quindi un suo rifugio, là dove i vettori cercano di eludere le zone trattate intensivamente con insetticidi (9). Ciò conferma che la Xylella può non essere la causa della patologia dell’olivo (3, 4, 5, 6). Non abbiamo dati precisi, ma pare che sia piuttosto raro trovare esempi di oliveti, condotti con modelli di agricoltura biologica, affetti da CoDiRO.

11.Sempre in studi recenti condotti in California, Università di Berckeley, sull’olivo come possibile ospite della Xylella, si riporta che solo il 17% degli alberi d’olivo con sintomi di CoDiRO risultano positivi per Xylella fastidiosa e, per altro, con scarsa patogenicità (low efficiency). Gli autori del lavoro concludono che i loro studi mostrano una povera (non significativa) correlazione tra i sintomi osservati (su olivo) e l’infezione da Xylella (9).

12.Come tutte le malattie complesse, il CoDiRO sembra essere la conseguenza più di fattori abiotici (come abuso di concimi chimici, anticrittogamici o pesticidi o insetticidi o fitofarmaci, erbicidi o diserbanti  o disseccanti, fattori climatici avversi, come umidità, temperatura, escursioni termiche, venti, squilibri idrici e altri tipi di stress) che biotici (tra cui funghi, batteri, insetti e altri ancora sconosciuti). Infatti, alcuni patologi dell’Università di Bari, Reggio Calabria e Western Sydney (Australia), concentrando la loro attenzione sulle malattie abiotiche (non parassitiche) nell’olivo sia nell’area Mediterranea che in altre regioni del mondo caratterizzate da alte temperature, asseriscono che generalmente si tratta di malattie non ben capite e spesso completamente non identificabili (10). Gli autori fanno un elenco delle possibili cause: mancanza/eccesso di nutrienti; eccesso di elementi non essenziali; ambiente non adatto (troppo freddo o troppo caldo); troppa acqua o troppa aridità; molto o poco vento; caratteristiche insostenibili del suolo, come povere condizioni fisiche, salinità, pH improprio; inquinamento; trattamenti chimici; danni da fuoco; condizioni climatiche estreme.

13.Le buone pratiche agronomiche, un’agricoltura a basso impatto ambientale, senza l’uso di insetticidi, erbicidi e fitofarmaci, la sostituzione delle arature con la semplice falciatura e trinciatura delle erbe spontanee, al momento opportuno, la consociazione con leguminose da sovescio e con brassicacee, sono sufficienti a restituire ai terreni la fertilità che hanno perso con un’agricoltura insostenibile e/o ad alto impatto ambientale e, quindi, alle piante d’olivo ammalate il giusto vigore per tenere a bada i patogeni, opportunisti, ritenuti responsabili del CoDiRO. Tutto ciò è suffragato da prove sperimentali (11, 12, 13, 14, 15, 16) e macroscopiche, che mostrano assenza di CoDiRO in aziende agricole biologiche, a qualsiasi latitudine, altitudine e longitudine, nonché da esperienze in atto avviate da olivicoltori salentini nelle aree focolaio, dove le piante d’olivo malate sono risanate. Ovviamente, risanate non significa che il batterio scompaia dal giorno alla notte, come qualcuno potrebbe pensare, ma che le piante aumentano le loro difese e nel tempo riescono a liberarsi o a convivere con il presunto patogeno.

14.Tra le principali cause della vulnerabilità delle piante d’olivo al CoDiRO c’è sicuramente l’abuso decennale di erbicidi, soprattutto glifosato o Roundup Ready. Si tratta di molecole che oltre a distruggere la microflora del terreno, rendono indisponibili i microelementi e impediscono il normale svolgimento del metabolismo delle piante, che pertanto diventano vulnerabili ai patogeni, manifestando il CoDiRO (14, 15, 16, 17, 18).

15.Il cosiddetto Piano di emergenza anti-Xylella, che prevede l’estirpazione delle piante d’olivo, affette e non, dalle aree focolaio, comporta attività non conservative della biodiversità degli agroecosistemi degli oliveti salentini. Ciò significa che l’attuazione del Piano farebbe aumentare le probabilità di diffusione delle malattie, incluso il CoDiRO. Infatti, gli studi sulla biodiversità degli ecosistemi mostrano che riducendo la biodiversità si aumenta la diffusione dei patogeni e delle relative malattie. In altre parole, la riduzione o peggio ancora l’eliminazione di uno o più vettori della Xylella e sue specie ospiti può significare dare un vantaggio ad altre componenti dell’ecosistema, che nel tempo può tradursi nello sviluppo di patogeni e vettori più resistenti e più virulenti, senza escludere la possibilità che si sviluppino nuovi patogeni e quindi nuove malattie (19, 20, 21).

16.Su richiesta della Commissione Europea (Domanda EFSA-Q-2013-00891), oltre 20 membri del Panel di esperti e numerosi specialisti di un gruppo di lavoro ad hoc sulla Xylella fastidiosa (22), hanno concluso che: il batterio può trovarsi in numerose specie di piante, coltivate e selvatiche, e tutti gli insetti che succhiano linfa sono potenziali vettori del batterio (8, 23). Gli esperti evidenziano che l’uso sistematico di insetticidi per controllare i vettori del batterio produrrebbe un grave danno alla salute umana, vegetale e animale, un rischio trofico per gli impollinatori e dunque enormi problemi d’impatto ambientale. Gli esperti hanno indicato, inoltre, che l’uso dei pesticidi per il controllo del vettore è una misura inefficace, in quanto i potenziali vettori sono tanti e molto diffusi sul territorio, oltre al fatto che nel tempo sviluppano forme resistenti ai comuni insetticidi. Gli esperti si esprimono anche sulla misura dell’eradicazione (sia del batterio che della malattia), ritenendola impraticabile in quanto il batterio è diffuso in un’area troppo vasta e le piante infette rimarrebbero per lungo tempo asintomatiche. Quindi raccomandano: pratiche agronomiche con un approccio integrato, più ricerca sulle specie di piante che ospitano il batterio e più ricerca sul controllo dell’epidemiologia in Puglia (22). Paradossalmente, nonostante questi pareri degli esperti dell’EFSA, le  autorità preposte si ostinano a voler praticare l’estirpazione di numerose piante d’olivo malate e sane nelle aree focolaio e ad imporre l’uso massiccio di fitofarmaci non ammessi in agricoltura biologica. Notare la contraddizione tra ed entro le istituzioni EFSA, Panel di esperti, Regione Puglia, Corpo Forestale, a cui viene affidata l’esecuzione di un Piano che ignora buona parte delle raccomandazioni degli esperti e dei gruppi di lavoro EFSA.

17.Anche nella remota ipotesi che la Xylella sia la causa del CoDiRO, accademici dell’Università di Bologna, in collaborazione con Bio Eco Active S.r.l. (BEA), nell’ambito di uno spin off, hanno pensato di prevenire e combattere la Xylella senza pesticidi, ma attraverso l’uso di zinco e selenio. Il sistema ha funzionato con la malattia dei Kiwi nel Lazio. La lotta è completamente biologica (24, 25).

18.Il numero di piante ospiti della Xylella è veramente alto e ciò perché il numero di specie di insetti che possono fungere da vettori è altrettanto alto. Esperienze precedenti (26), indipendentemente dal fatto che il batterio possa o no essere nocivo per la pianta ospite, mostrano che gli sforzi compiuti per ridurre la popolazione dei vettori non si traducono in una significativa riduzione della diffusione del batterio (27). Pertanto abbattere le piante d’olivo per ridurre la diffusione della Xylella è una vera follia. D’altra parte, coloro che propongono di cambiare varietà di pianta coltivata, come per esempio è stato suggerito per la vite, perché ci sono varietà più resistenti e meno resistenti, sono persone che non vogliono aumentare la resistenza delle varietà esistenti passando da un’agricoltura industriale ad una a basso impatto ambientale. Cioè preferiscono cambiare la varietà anziché il modello agricolo (28). In questo modo, però, prima o dopo anche le varietà resistenti diventeranno vulnerabili e i terreni diventeranno sempre meno fertili per via dell’inquinamento provocato dal modello agricolo industriale. La scelta migliore da fare, invece, è quella di non cambiare varietà per i suddetti motivi, ma di aumentare il numero delle varietà e delle specie coltivate nello stesso campo, ripristinando un modello agricolo più sostenibile: la policoltura (11, 12, 13, 31, 36).

19.L’uso di erbicidi per eliminare piante selvatiche ospiti della Xylella può avere impatti, sulla salute e gli ecosistemi, maggiori del danno prodotto dalla malattia (14, 15, 16, 17, 18, 29).

20.Un metodo per verificare se si stia adottando un modello agricolo atto a prevenire, ma anche a risanare le piante d’olivo malate, è di testare la quantità di azoto libero nelle foglie. Più è alto questo valore, maggiore è la vulnerabilità delle piante agli insetti e quindi alla Xylella (29).

21.Una buona strategia per prevenire la malattia, ma anche per curare le piante malate e quindi contenere la diffusione della Xylella e altri patogeni, è di evitare la monocoltura e incentivare, invece, la policoltura, le rotazioni, le consociazioni e il sovescio per aumentare il contenuto della sostanza organica nel suolo. La monocoltura rende l’olivo vulnerabile ai patogeni ed ai cambiamenti climatici (11, 12, 13, 29, 30, 31). La monocoltura è sinonimo di vulnerabilità alle malattie (biotiche e abiotiche), mentre la policoltura è sinonimo di resistenza (36).

22.La popolazione dei potenziali vettori della Xylella può essere ridotta o tenuta sotto controllo falciando e trinciando le erbe che crescono nell’oliveto al momento in cui i vettori sono allo stadio di larva o, ancora, coltivando tra i filari di olivo piante erbacee (per esempio: la fava e le rape o altre crucifere se non sono specie ospiti) che non sono gradite ai vettori. Ciò può essere fatto utilizzando le esperienze degli olivicoltori o attraverso la sperimentazione (29).

23.È sbagliato fare trattamenti che uccidono in maniera indiscriminata gli insetti. Sono ormai in tanti i ricercatori che hanno denunciato un aumento di colture nel mondo che sono diventate dipendenti da insetti impollinatori rispetto a quelle che non lo sono. Le colture che dipendono da impollinatori producono meno di quelle non dipendenti e questo deve essere avvertito come un importante segnale d’allarme per il futuro dell’agricoltura (29, 33, 34).

24.A coloro che mi chiedono come spiegare la velocità con cui si è diffusa la patologia del CoDiRO, rispondo che, innanzitutto, bisogna conoscere qual è la reale velocità, che di fatto nessuno ha quantizzato. Comunque, ipotizzando un’alta velocità, la risposta è che c’è una ragione in più per pensare che la causa non sia il batterio, in quanto esso risulterebbe quasi più veloce di quello della peste. Ma se si esclude che sia il batterio, allora che cos’è? È l’agrotecnica, insieme, probabilmente, alle condizioni ambientali e climatiche che si sono verificate negli ultimi anni, proprio nelle aree focolaio del Salento, favorevoli ai patogeni e sfavorevoli all’olivo. Se accettiamo questa ipotesi, abbiamo buoni motivi non solo per escludere la Xylella come causa della patologia, ma per pensare, invece, ad un segnale, forse più drammatico, d’inizio di desertificazione, dovuta ad un’agricoltura industriale e, quindi, ad una cattiva gestione dell’agroecosistema.

25.Questa ipotesi (che la patologia sia la conseguenza dell’agrotecnica e di fattori ambientali) è avvalorata dal fatto che recentemente, sempre con maggiore frequenza, i mass media hanno comunicato che sono stati scoperti, in altre aree d’Italia e del resto del Mediterraneo, esempi di piante d’olivo che presentano sintomatologie simili a quelle del Salento. Bisogna verificare se si tratti di una patologia assimilabile a quella del CoDiRO.

26.La letteratura sulle strategie da utilizzare per ridurre, controllare e contenere i parassiti per evitare danni economici è ormai veramente molto ricca (19, 20, 21, 35). Alcune pubblicazioni  riguardano la conservazione, gestione e valorizzazione della biodiversità; altre la gestione di sistemi agricoli sostenibili; altre ancora vanno sotto il nome di Gestione Integrata dei Parassiti (Integrated Pest Management: IPM) (35, 36). Purtroppo, gli specialisti di questo o quel patogeno o di un gruppo di patogeni (virologi, batteriologi, micologi, entomologi, ecc.), non dialogando con chi si occupa di fisiologia e di agroecosistemi possono indurre i Servizi Fitosanitari a mettere in atto strategie di lotta sbagliate. Può essere il caso del Piano di emergenza anti-Xylella.

27.La prima cosa da fare per prevenire la patologia, curare e/o risanare le piante d’olivo è quella di vietare l’uso di erbicidi. La letteratura sull’argomento dimostra, in modo inequivocabile, come specialmente l’uso del glifosato, l’erbicida più usato, indebolisca le piante e le renda vulnerabili a tutte le malattie (15, 16, 17, 43, 44, 45, 46, 47,48, 49, 50, 51).

28.Oltre cento articoli referenziati sono stati pubblicati da diversi scienziati sugli effetti negativi del glifosato. Il glifosato aumenta le malattie nelle piante (così come negli animali), tanto da spingere i ricercatori USA a scrivere al Ministro dell'Agricoltura. Il glifosato è collegato a molti problemi di salute negli animali e nell'uomo, che sono un costo aggiuntivo a tutte le mancate promesse di un’agricoltura industriale che doveva sfamare il mondo. Questi ricercatori scrivono:  la fiducia del pubblico nella scienza è stata tradita (48).

29.La patologia del CoDiRO è la conseguenza della storia dell’olivicoltura delle aree focolaio. Se su un piano cartesiano si tracciasse sull’asse delle ascisse la storia della gestione agricola degli ultimi decenni e sull’asse delle ordinate la comparsa del CoDiRO, saremmo in grado di rilevare e/o di verificare che la causa della patologia non è la Xylella, ma l’agrotecnica sbagliata.

Tutte le considerazioni fatte sin qui suggeriscono di sospendere il Piano di emergenza anti-Xilella e di prepararne uno nuovo, che deve essere condiviso da diversi ricercatori ed esperti in settori scientifici diversi. Insomma, bisogna pianificare un approccio olistico.

La soluzione del problema non è l’abbattimento delle piante affette dal CoDiRO e di quelle sane vicine, ma è il ripristino di buone pratiche agronomiche a basso impatto ambientale, in quanto le cause della patologia non sono i patogeni, che si sa che sono degli opportunisti, ma sono le condizioni ambientali, tra cui quelle che creano le cattive pratiche agronomiche.

Tra fattori genetici e fattori ambientali, sono più determinanti quelli ambientali. Lo sapevamo già, ma è stato confermato dai risultati di vent’anni di ricerche sul progetto genoma umano. È sbagliato dire che il genoma si esprime. È corretto, invece, dire che il genoma viene letto. E chi è il lettore? L’ambiente, cioè nel nostro caso le condizioni ambientali prodotte dall’agrotecnica. Una buona agrotecnica è in grado di leggere correttamente il genoma dell’olivo. Un’agrotecnica che inquina, interferisce negativamente sulla lettura del genoma, dando via libera ai patogeni. Saranno questi a leggere il genoma dell’olivo e a dire cosa fare: seccare e morire.

Il motivo per cui si insiste nel voler attribuire le malattie ai patogeni e non all’ambiente è che in questo modo si continua ad alimentare tutta l’industria dei concimi chimici di sintesi e dei cosiddetti agrofarmaci (insetticidi, pesticidi, anticrittogamici, erbicidi, ecc.).

Questo tipo di agricoltura industriale comporta inquinamento e quindi aumento delle malattie anche per l’uomo e gli animali. Essa va benissimo per alimentare l’industria del Big Pharma, che dopo la Finanza e il Petrolio è il terzo business mondiale.

Il Big Pharma è agevolato anche da un sistema (industriale) alimentare sbagliato, sostenuto anche da politiche finanziate dallo stesso Big Pharma. Politiche che fanno di tutto per promuovere un sistema sociale malato, basato su un’economia competitiva e non collaborativa, come vorrebbe la biologia dell’essere umano. La legge della biologia richiede la cooperazione, mentre quella dell’economia richiede la competizione. Quindi la legge dell’economia è intrinsecamente distruttiva, cioè patologica (52).

Per migliorare la società è necessario incoraggiare la cooperazione e scoraggiare la competizione. Un contributo lo può dare la conoscenza e quindi i ricercatori liberi e indipendenti, non condizionati dall’establishment.

Lo slogan dei ricercatori dovrebbe essere: “Più finanziamenti pubblici per Umanizzare la Scienza”. Purtroppo, da decenni, la maggior parte dei lavoratori della ricerca, anche se spesso in buona fede, è coinvolta nello sviluppo di una cattiva scienza.

In conclusione, è la struttura sociale, costruita dall’uomo, la prima vera causa della patologia del CoDiRo.

*già direttore Igv-Cnr

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