Stampa questa pagina

Clima, dalla California alla Padania: alluvioni e siccità sotto lo schiaffo di El Niño In evidenza

Mercoledì, 16 Dicembre 2015 08:18

 

di Renzo Rosso pubblicato su il BlogFattoQuotidiano.it il 14 dicembre 2015

Nel periodo 2012-2015 la California ha vissuto la peggiore siccità che si ricordi a partire da quando si fanno misure sistematiche, più di un secolo fa. L’impatto negativo di questo evento è stato molto disuguale: le città costiere, quelle più popolate, sono state poco più che infastidite, mentre le zone rurali dell’interno, dove gli incendi sono un pericolo costante, hanno pagato e stanno ancora pagando il tributo più pesante.

Perché nell’Eden californiano convivono a poca distanza tra loro (per gli standard americani) le aree a massimo reddito (San Jose e San Francisco, costiere) e quelle a reddito minimo (Visalia e Merced, interne) del paese; le zone dove l’aspettativa di vita è 80 anni e quelle dov’è solo 66, e ci sono quasi il 50% di lavoratori laureati contro poco più del dieci percento. La «grande divergenza» non è solo un’opinione finanziaria ma pesa anche sull’ambiente oltre che sulla vita.

Dal punto di vista fisico, le anomalie sollevano una serie di questioni sulle radici del fenomeno, compreso il ruolo dei cambiamenti climatici di origine antropica. Nel frattempo, un potente El Niño (Enso) nel Pacifico offre un sollievo da questa lunga siccità, che traduce il sogno biblico di Giuseppe in un incubo. Con la preoccupazione che, come per analoghi episodi dell’Enso nel passato, accadano ora fenomeni di segno opposto: inondazioni, colate detritiche e frane.

Ci vorrebbe un inverno eccezionalmente piovoso per ripristinare la normalità. E se tutta questa pioggia cade in una sola stagione, il sistema idrico fa comunque fatica a rimpinguarsi per davvero. Nell’incertezza, lo scenario più verosimile è che si dovranno sopportare forti piogge nei prossimi mesi, ma che le falde saranno ancora molto povere e il rischio d’incendio molto alto quando El Niño sarà passato. L’alternanza tra brevi periodi di piogge torrenziali e prolungati cicli caldi e secchi potrebbe diventare l’impronta climatica di quell’area del pianeta.

Questa volta El Niño è assai robusto: l’anomalia termica di quest’autunno è circa 2 gradi centigradi, paragonabile solo a quelle del 1997, del 1982 e del 1972 negli ultimi 50 anni. Ma è un fenomeno che in genere non ci preoccupa, forse perché l’influenza dell’Enso in Italia è ancora tutta da studiare. Nell’Italia nord-occidentale l’autunno è stato mite e poco piovoso ma non del tutto secco. Qualche effetto si vede lungo il Po, ma sempre meno severo dei timori di luglio 2015, quando si paventava una magra eccezionale. In Piemonte, la capacità d’invaso dei serbatoi è solo il 7% inferiore alla media del periodo 2008-2014, mentre i laghi lombardi hanno un deficit di circa il 38% sull’anno medio (2006-2014) ma sono comunque il 18% più carichi rispetto al 2007, l’anno dell’ultima grande siccità padana.

Sull’Italia, ci si aspetta che El Niño, al suo culmine quest’inverno, produca nei prossimi mesi un regime in prevalenza anticiclonico, con temperature sopra la media stagionale, specialmente in collina e in montagna, e precipitazioni decisamente inferiori alla media. La situazione delle riserve idriche non va quindi sottovalutata, perché non è detto che ‘la buona stella’ ci assista sempre. Come accadde nel 2007 quando bastò un ‘tavolo tecnico’, surrogato nostrano dello stregone della pioggia: nel giorno della prima riunione a Milano, intorno al tavolo la pioggia cadde copiosa.

E forse varrebbe la pena di chiedersi se l’azione dell’uomo sulla rete idrografica abbia sempre teso ad aumentare la resilienza del nostro sistema territoriale e sociale nei confronti delle siccità. Le grandi dighe lo hanno certamente fatto, ma la rettificazione dei fiumi entro alvei murati ha contribuito in direzione opposta. Se una città come Milano galleggia su una riserva idrica sotterranea enorme ed è assai resiliente sotto lo schiaffo della siccità, diversa è la sorte della pianura agricola, irrigata talvolta con metodi obsoleti e poco parsimoniosi. Prima di ricorrere a qualche salvifica istituzione d’emergenza, varrebbe la pena di ragionare sulla minaccia delle siccità nel nostro territorio, dove la «grande divergenza» non è solo un’opinione geografica.

Letto 1228 volte
Vota questo articolo
(0 Voti)

Questo sito utilizza cookie, anche di terze parti, per migliorare la tua esperienza e offrire servizi in linea con le tue preferenze. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque suo elemento acconsenti all’uso dei cookie. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie leggi l'informativa.