Stefano Rodotà "Un nuovo inizio, si fa politica anche senza partito"

Giovedì, 26 Febbraio 2015 10:37

Stefano Rodotà

di Salvatore Cannavò pubblicato su IlFattoQuotidiano il 26 febbraio 2015

Stefano Rodotà ha seguito con interesse la polemica nata attorno alle proposte di Maurizio Landini. Il termine “coalizione sociale” è di suo conio e qualche settimana fa, proprio con Il Fatto, aveva spiegato il senso della proposta. Dopo il clamore suscitato dall’intervista del segretario Fiom, torna sull’argomento.  

 

Le sembra che quella lanciata da Landini sia una proposta politica?  

Assolutamente sì. Anche perché, questa “coalizione sociale”, che io stesso avevo proposto, è una formula che aiuta a fare chiarezza. Non si possono ripercorrere le vie del passato, quelle fallimentari della lista Arcobaleno, della lista Ingroia o, su altri piani, della listaTsipras.Il chiarimento migliore mi pare che sia venuto da Sergio Cofferati nell’intervista di ieri al Fatto. 

Cosa l’ha convinta di quella intervista? 

Tre elementi. Primo: dobbiamo guardare fuori dall’Italia ma né Podemos né Syriza sono modelli che possiamo importare. Secondo, il problema principale è individuare i temi e i princìpi dai quali partire per un lavoro comune. Il terzo passaggio messo in evidenza da Cofferati è che solo fatti questi primi due passi si può individuare il tema della rappresentanza e poi anche quello del leader.  

Fuori dai partiti, dunque? 

Non ho in mente un movimentismo al quadrato. Ma la coalizione sociale significa in primo luogo riconoscere quel lavoro consolidato e forte di molti soggetti che esiste già da diverso tempo e che è stato giàvincente.  

Esempi?  

Quando si fa riferimento a Luigi Ciotti si fa riferimento a un’esperienza, Libera, che anche con campagne come Miseria Ladra ha determinato un grande lavoro comune. Quando si fa riferimento al lavoro di Gino Strada, si fa riferimento a laboratori che già operano anche in Italia. Terzo caso possibile, i comitati per l’acqua e i beni comuni sono i più vincenti di tutti con il risultato del referendum.  

E la Fiom?  

In questo progetto la Fiom è un aggregatore che ha fatto una delle lotte più importanti per veder riconosciuti dei diritti. La sentenza della Corte costituzionale che l’ha riammessa nelle fabbriche del gruppo Fiat ha anticipato di sei mesi la sentenza che ha dichiarato illegittimo il “porcellum”. Entrambe quelle sentenze dicevano che non si può negare la rappresentanza ai lavoratori o ai cittadini.  

Ma a Landini si rimprovera di voler fare un partito, anche se ha sempre chiarito. 

Si tratta di un altro equivoco. Quando Landini dice che fa politica ma che non fa un partito, dice qualcosa che la culturadebole di questo periodo ha perduto: la politica non si chiude tutta dentro i partiti. Oggi c’è una società in cui i partiti sono diventati oligarchia e hanno espropriato i cittadini.  

Conferma quel giudizio di “zavorra” che diede dei partiti alla sinistra del Pd?  

Qui ci sono due equivoci che vanno evitati. Il primo è ragionare in termini di ‘spazio a sinistra del Pd’. Il Pd prova a ribadire, spasmodicamente, che sta realizzando cose di sinistra ma si tratta di una excusatio non petita. Sulla base di provvedimenti come il Jobs Act o la responsabilità civile dei giudici ne viene fuori una grande restaurazione di centro. Più che uno spazio ‘a sinistra’, oggi ci sono una serie di principi e diritti che non trovano copertura politica.  

E l’altro equivoco? 

Riguarda il mondo della politica organizzata: qui siamo di fronte o a un problema di sopravvivenza (Prc e Sel) o a un problema di appartenenza (minoranza Pd). Noi invece abbiamo bisogno di un nuovo inizio. Non possiamo portarci dietro tutto quello che c’è stato nell’ambito della sinistra.  

Lei è critico anche con la lista   Tsipras?  

È stata una buona occasione che non doveva essere perduta. Ma oggi abbiamo bisogno di una chiara discontinuità. Quello che lega le formazioni politiche esistenti non mi sembra adeguato alla situazione nuova.  

Quali saranno i primi passi di questa coalizione?  

È necessario che i diversi soggetti proponenti concordino un cammino che richiederà forme di contatto permanente, con la Costituzione come bussola ma calata nella lotta politica attuale.  

E come porsi di fronte alle elezioni?  

In questi anni diverse esperienze, penso a quella di Alba, sono state travolte dalle elezioni. Solo quando sarà maturato qualcosa di importante si può accettare di non tirarsi indietro.  

Quali sono le cose concrete da fare?  

Un lavoro comune potrebbe essere quello della legge di iniziativa popolare di modifica dell’articolo 81 che prevede il pareggio di bilancio. 

E che tempi immagina?  Ragionevolmente brevi.

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